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O Capitano, mio Capitano


Mentre leggi Q nel millecinquecento ci sei davvero. Lo senti realmente l'odore delle terre umide tedesche, del mare olandese e della laguna di Venezia. Riesci ad odorare il fetore delle bettole dei villaggi, il sangue misto a sudore dei popolani, le urla e le bestemmie delle battaglie sono una eco lontana che diventa frastuono quando intorno hai silenzio.
Non è poi così diversa l'umanità descritta dalla fantastica penna di questo ormai famoso collettivo di scrittori da quella di oggi, stordita e confusa: persa. A tal punto persa da confinarsi dentro labili certezze, valori opinabili e abitudini esecrabili per avere qualcosa a cui aggrapparsi che le dia forza. Affetta da un male esiziale che non esiste se non nelle sue paure.
Non è poi tanto diversa, relativamente al contesto sociale dell'epoca, la rivoluzione portata dalla stampa rispetto a quella portata da internet, soprattutto per le possibilità che portò di formare nuove comunità di discussione (forum), di partorire critiche, di moltiplicare le opinioni educando così all'assenso critico, o al dissenso se necessario.
Come somiglia poi l'impero bancario di Anton Fugger alle odierne Merrill Lynch e Goldman Sachs, tanto vasto da sottomettere anche principi tedeschi e cardinali alla sua volontà, ma che in realtà dipende solo ed esclusivamente dalla fiducia e dalla credibilità che il popolino acconsente a riconoscergli.
Alla fine è inevitabile poi che il Capitano della disobbedienza diventi anche il tuo, perchè man mano che scorrono le pagine ti esalti e ti stanchi e ti rammarichi e risorgi con lui. Perchè era uno innamorato dell'uomo il buon vecchio Gert, non voleva un futuro migliore nell'aldilà, ma un presente giusto subito. Perchè era uno che la vita non l'ha mai passata con lo sguardo verso l'alto ad aspettare un segno, ma a fissare gli occhi dei mille coloratissii personaggi che gli si paravano davanti per capire e conoscere. Vedete, mezzo millennio fa anarchico si diceva anabattista, ma la sostanza era la stessa. Essere anabattisti voleva dire coltivare tutte le emozioni che l'uomo è stato creato per provare, compreso l'odio e il disprezzo per chi come la Chiesa questo lo negava (e continua) e per chi di Chiesa ne voleva un'altra diversa solo nella forma.
Nessuna gerarchia, nessuna superiorità morale, nessuna banca, nessun mercante troppo scaltro e in altre faccende affaccendato.
Q è anche la storia di un uomo fanatico degli uomini e stakhanovista della vita. Un uomo che non ha mai perso senza vincere nemmeno una volta, così carismatico da essere il solo personaggo a tenere insieme tutto questo prezioso affresco di oltre 600 pagine.
Adieu Capitaine.