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Diritto all'odio è non averlo

Nella lingua tedesca esiste il termine schadenfreude che sintetizza un concetto molto comune in una sola parola: provare gioia e soddisfazione dalle disgrazie altrui. Secondo la tradizione popolare tedesca essa è la forma di gioia più pura, perchè nasce dal cuore e non viene filtrara da costruzioni sociali, quali il senso civico e la giustizia, che si sono stratificate con il tempo nella nostra coscienza. E' il sentimento che arriva intatto al nostro cervello nella forma più istintiva e animalesca possibile. Personalmente aggiungerei che è la vittoria finale del cinismo.
Nel Buddhismo esiste invece la parola mudita che esprime, al contrario, la felicità scaturita dalla buona sorte dell'altro. Ma si sa, il Buddhismo è una dottrina molto alla "volemose bene". Essa è conosciuta anche come gioia comprensiva o gioia convenzionale. Con la parola convenzionale si vuole intendere più diffusa, ma anche che essa è la più costruita, la più depurata dalla spinta vitale dalla quale scaturisce ad opera del nostro raziocinio. La più adatta a tutti in quanto priva di caratteristiche troppo estreme.
Come avrete capito fin dal titolo del post sto per parlare del faccia a duomo berlusconi-Tartaglia, ma questo breve excursus storico-linguistico mi tornava indispensabile per introdurre qualche concetto che servirà a non farmi passare da terrorista e pericoloso sobillatore man mano che proseguirete nella lettura.
Una sorta di polizza di responsabilità civile.
Al di là di tutto quello che giornalisti sobri fino alla nausea possano dire esiste un diritto all'odio. Esiste perchè un politico può chiedere ad ogni cittadino il voto, il consenso, e addirittura il rispetto se dimostra di essere coerente con se stesso, ma non potrà mai chiedere di essere amato. L'amore è certamente un sentimento nobile e alto e bla bla bla, ma ha il grossissimo difetto di finire. Così come può finire l'amore di una madre verso il proprio figlio, o di un figlio verso la famiglia che lo ha cresciuto, può finire anche l'amore e il rispetto per un avversario politico o un collega di lavoro.
Solo in un caso un uomo riesce a farsi amare da un popolo, ed esso è il caso della tirannia. Un popolo di sudditi ama il proprio dittatore, perchè egli ha saputo blandirlo e raggirarlo, un popolo libero elegge i propri rappresentanti e ogni giorno può e deve esprimere il suo consenso.
Non facciamo gli ipocriti per favore, tutti odiamo almeno qualcuno e tutti proviamo benessere quando quel qualcuno non ce la fa. L'odio fa parte delle pulsioni che muove l'uomo durante la sua vita, e provarlo è una delle cose più naturali che ci possa accadere.
Come ci si sente ad essere traditi dalle persone in cui si è riposta tutta la nostra fiducia?
Come ci si sente ad essere costretti al silenzio e ad essere presi a spintoni da chi ha la tua stessa tessera sindacale o di partito?
E che tristezza voi che non odiate niente e nessuno, voi che non sembrate mai infastiditi o scocciati e che non avete neanche un difetto degno di essere apprezzato, sul quale valga la pena ironizzare.
Ah, mi stavo scordando che dovevo anche parlare di berlusconi. Bè, in realtà non me ne frega niente delle sue condizioni di salute e di come l'attentato milanese sia potuto accadere, ma l'occasione è ghiotta e non posso lasciarmela sfuggire. L'occasione di rivalutare la filosofia spicciola agli occhi degli intellettuali molto sci sci che oggi riempono fogli di giornale ma soprattutto discoteche e programmi mediaset. E si perchè le uniche parole che meritano di essere sprecate sull'argomento sono quelle che pronunciò il buon Sylvester Stallone in Demolition Man: "Ci vuole un pazzo per beccare un pazzo".
Buona Schadenfreude a tutti!
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Il vento di Seattle

Come sta il popolo di Seattle dieci anni dopo la sua nascita? Più precisamente, dov'è oggi?
Dopo la caduta del muro di Berlino un altro anniversario parimenti importante è da ricordare in questi giorni: il 30 Novembre 1999, data in cui la generazione X smette di essere un'incognita e decide di imbracciare camicioni di flanella, sciarpe, pantaloni stracciati, e scende in strada per esplodere rabbiosa.
Dentro quei volti tagliati dal vento di Seattle c'erano ragazzi additati da tutti come andati, bruciati, irrecuperabili. Alcolisti, drogati, amorali, annullati dalla televisione e dai promo commerciali, svogliati e privi di stimoli, incapaci di provare emozioni. Eppure quel giorno erano tantissimi.
La realtà è che forse dentro quei volti c'erano semplicemente dei bambini che provavano nostalgia per cose che non avevano avuto mai, come una famiglia amorevole e una vita serena, che avevano capito che tutto quello che veniva fatto vedere loro era irraggiungibile. Che non era possibile per tutti diventare una rockstar, andarsene in giro con una Corvette, surfare tra bionde procaci in bikini che ti strizzano l'occhio. Il popolo che per primo aveva capito che il sogno americano, alla fine degli anni novanta, era andato. Morto e sepolto. Che la copertina patinata che ricopriva i sorrisi smaglianti delle celebrità nella realtà era solo vento gelido che ti ferisce le mani e il viso.
Il popolo di Seattle oggi sta male. Molti avevano sperato che il 1999 fosse la data di nascita di una presa di coscienza collettiva, e invece non è successo.
Siamo ancora alle prese con gli stessi problemi, siamo inseguiti dalle stesse paure e rincorriamo ancora gli stessi sogni, perchè ci terrorizza ancora l'idea di dover uscire da noi stessi, di essere obbligati a condividere esperienze e opinioni, di essere costretti a credere che domani sarà tutto migliore per non sentirci persi adesso.
Dico siamo, si, perchè il popolo di Seattle siamo noi. Voi trentenni che eravate a Genova, testimoni in presa diretta della stesura di una delle pagine più vergognose della nostra storia recente, voi non ancora trentenni che sarete a Copenhagen a vedere, una volta di più, che le sorti del mondo si decidono con cene in ristoranti a cinque stelle, pacche sulle spalle, battutone da vecchi marpioni e discorsi pirotecnici. Voi tutti che domani sarete a chiedere le dimissioni di silvioberlusconi, uno di quelli che ha saputo trasformare le ansie e le perplessità delle gente in paura, e sfruttarla per istaurare un governo totalitario, giustizialista senza giustizia e schifosamente maschilista.
Il grido di Seattle del 1999 è ancora oggi il nostro grido, ma temo che la pioggia l'abbia sommerso e che lo stesso vento che lo vide nascere lo stia disperdendo. Forse, come succede per tutte le cose, il tempo ha attutito il nostro rumore.